martedì 14 febbraio 2012

lunedì 13 febbraio 2012



Siamo a Roma il 9 Maggio 1978.
È tarda mattinata ed un giovane fotografo di 22 anni si trova sul balcone di un appartamento al terzo piano di via Caetani. La casa non è sua, ha chiesto il permesso al proprietario per poter fotografare la strada sottostante.

Il suo nome è Gianni Giansanti, un ragazzo appassionato di fotografia che entra giovanissimo in una piccola agenzia di Roma, la Masterphoto, come venditore.
Il lavoro in negozio dura poco perché decide presto di lasciarlo. Le foto non le vuole vendere, le vuole realizzare.
La sua carriera di freelance inizia a 21 anni quando si affianca a Osvaldo Restadi, bonario reporter romano che gli insegna i trucchi del mestiere. Osvaldo sprona il giovane apprendista nel decifrare attentamente la realtà e nell’avere sempre occhi e orecchie pronti a catturare ogni informazione.

Gianni abita a Monte Mario. Tutte le mattine prende la moto e raggiunge l’ufficio che divide con il suo maestro. Come al solito alle 8:30 i due leggono i giornali e ascoltano la radio sintonizzata sulle onde corte della polizia. E’ illegale ma ormai per loro è un’abitudine.
Il 16 Marzo 1978 stanno facendo colazione sfogliando i quotidiani quando sentono improvvisamente alla radio la voce trafelata di un agente e le parole confuse “sequestro di persona”, “via Fani”.
Gianni esce immediatamente dallo studio, prende la moto e raggiunge in poco tempo via Fani. Nello stesso momento arriva sul posto la prima ambulanza. Sono le 9:45 e tutto è appena successo: l’onorevole Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, è stato rapito mentre in macchina raggiungeva il Parlamento ed i cinque uomini della scorta sono stati barbaramente uccisi.
La polizia non è ancora arrivata ed i lenzuoli non sono stati ancora stesi sui corpi degli agenti. Quello che Gianni ha di fronte è un’apocalisse. La borsa di Moro è per terra, i quotidiani sono sul sedile posteriore della macchina, l’unico a non essere macchiato di sangue, i finestrini delle due macchine sono a pezzi, quattro ragazzi sono senza vita dentro le macchine mentre uno è steso sull’asfalto.
Tempo dopo, accompagnati dalla polizia, arrivano la moglie del deputato ed un sacerdote. Gianni continua a scattare e quando non ha più rullini corre a svilupparli.

Due mesi dopo, la mattina del 9 Maggio 1978 Gianni è nella sede della Democrazia Cristiana per documentare, insieme ad altri fotografi, un incontro diplomatico.
Alla fine della riunione il giovane reporter rifiuta l’invito a pranzo dei colleghi. Si posiziona all’uscita del palazzo, in piazza del Gesù, e aspetta: in piena crisi per il rapimento di Aldo Moro, vuole scattare qualche primo piano a colori di Fanfani o Andreotti così da venderli a qualche settimanale.
Improvvisamente vede uscire dal portone tre poliziotti in borghese che salgono su una macchina, sgommano e si dirigono a tutta velocità verso Largo Argentina.
Gianni si insospettisce e decide di seguirli. Con la moto raggiunge la macchina in via delle Botteghe Oscure e riesce ad entrare in via Caetani prima che la polizia blocchi l’ingresso. E’ successo qualcosa ma non riesce a capire il motivo di tanto movimento.
Si nasconde in un portone aperto e sale al primo piano. Non esita due volte nel chiedere ad un inquilino di farlo entrare e questo, dopo una prima titubanza, apre la porta al giovane fotografo armato di teleobiettivo.
Gianni si affaccia alla finestra e subito si accorge che a qualche finestra di distanza si sono posizionati il collega Rolando Fava dell’Ansa e Maurizio Piccirilli, operatore di Tele GBR.
La strada comincia a riempirsi di agenti, la confusione ed il brusio aumentano.
Si intuisce subito che l’epicentro del movimento è una Renault 4 rossa. Forse è stato trovato un barbone morto abbandonato.
Un poliziotto si avvicina alla Renault e apre lo sportello laterale. In quell’istante arriva Cossiga, ministro degli Interni, e la folla di agenti si avvicina alla macchina.
Gianni continua a scattare ma non ha ancora capito il motivo di questa agitazione. Dal televisore acceso dell’appartamento in cui si trova si sente questo annuncio: “Ci arriva in questo istante la notizia che il corpo dell'onorevole Aldo Moro è stato ritrovato in via Caetani".

"Dalla strada mi vede un poliziotto che mi punta la pistola e mi ordina di scendere e consegnargli i rulli. Mi ritiro dalla finestra e seguo la scena dal riflesso sul vetro. Con me ho una sola macchina e tre obiettivi, un 35mm, un 50mm e soprattutto un 200mm. Sono l'unico ad averlo. Ma a quel punto a cacciarmi è il padrone di casa, spaventato. Esco e salgo sul tetto del palazzo. Dall'alto vedo l'arrivo degli artificieri. Si teme che i brigatisti abbiano minato la macchina. Mi sporgo, ma è troppo pericoloso. Scendo di corsa e nella confusione assoluta rientro nella casa di prima e il proprietario neanche se ne accorge. Metto il 200mm ed è come essere a pochi centimetri dalla scena. Gli artificieri squarciano il portellone e lo aprono.

*

Per paura di venire perquisito all’uscita del palazzo, Gianni nasconde il rullino negli slip e ne carica un altro.
Voglio del colore e a questo punto mi rimane solo la pellicola al tungsteno, bluastra in esterni, ma la metto lo stesso. Torno a inquadrare Moro. Riavvolgo il rullo. Quindi in bianco e nero riprendo l'arrivo dell'ambulanza e il corpo che viene portato via. Ultime immagini e corsa folle al laboratorio.

Gianni è l'unico, fra i tre fotografi intervenuti sulla scena, ad aver caricato la reflex con una pellicola a colori. Durante la fase di sviluppo e stampa non perde di vista un solo attimo le sue pellicole. Appena ha in mano i risultati corre all’Associated Press per consegnare il bianco e nero e alla sede di Time per consegnare le foto a colori.
Alla sera tardi, a casa, mi chiama Gamma, allora l'agenzia dei miei sogni. Mi propongono un contratto. In piena notte arriva a prendermi un aereo privato e la mattina alle sette i negativi sono a Parigi. E in quel volo inizia la mia seconda vita.

La seconda vita a cui allude Gianni è piena di riconoscimenti e successo.
Lo scatto gli vale lo stesso anno una menzione speciale al World Press Photo, nel 1988 vince l'ambito premio per una serie di scatti intimi di Papa Giovanni Paolo II, nel 1991 vince il secondo premio per WPP per una foto al Palio di Siena.

Oltre a seguire come fotografo ufficiale i 27 anni di pontificato di papa Wojtyla, realizza ritratti di grandi personaggi dello sport, racconta la vita quotidiana nella Camera dei Deputati e documenta la realtà in Somalia, India e Tibet.

Nel 2009 Gianni Giansanti muore prematuramente dopo trenta anni di fotografie.





domenica 5 febbraio 2012

PRIMO MAGGIO

perchè una località di Eraclea, in provincia di Venezia, si chiama Primo Maggio?