perchè una frazione di Martina Franca si chiama Villaggio del Fanciullo?
sabato 29 dicembre 2012
mercoledì 26 dicembre 2012
giovedì 6 dicembre 2012
giovedì 22 novembre 2012
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Siamo a New York, 21 settembre 1979.
Una fotografa di 30 anni
è sul palco del Palladium durante un concerto dei Clash e sta scattando una
foto mentre il bassista del gruppo, Paul Simonon, sta distruggendo il suo
strumento musicale.
La fotografa è inglese e si chiama Pennie Smith.
Pennie frequenta la scuola d'arte
Twickenham di Londra alla fine degli anni ’60 studiando grafica e belle arti.
Una volta diplomata entra nello studio di Barney Bubbles, artista grafico le
cui opere fanno incontrare per la prima volta il graphic design con la pittura
e la musica. Incomincia a collaborare con giornalisti musicali e dal 1969, per
tre anni, entra nella produzione della rivista Friends ideata da Nick Kent.
Un anno dopo progetta già la grafica
per l’album d’esordio di Pink Fairies, Never
Never Land, ma il suo primo incarico fotografico importante le viene
commissionato proprio nel 1970, quando le chiedono di coprire il tour dei Led
Zeppelin.
Pennie entra come fotografa nella
rivista New Musical Express ed oltre
ad aver occasione di assistere a numerosi concerti, incontra ed intervista
diverse figure di spicco nel campo musicale.
Nei primi mesi del ’79 gira l’America
con i Clash durante il loro Pearl Harbour
Tour e quando decidono di organizzare il Take The Fifth Tour esclusivamente negli Stati Uniti è tutto
esaurito.
Pennie continua a seguire il gruppo
per l’intero tour. A New York sono in programma due esibizioni al Palladium e
alla seconda data, il 21 Settembre, la fotografa quasi preferisce non andare: "Avevo scattato così tante foto dei
Clash dal vivo che ero quasi stufa. La sera prima ero già stata al Palladium e
stavo quindi per uscire con amici; ma non sono molto brava a non lavorare, quindi
alla fine sono andata lo stesso".
Durante i precedenti concerti Pennie
si è sempre posizionata sul lato del chitarrista Mick Jones ma quella notte
sceglie il lato del bassista Paul
Simonon. "Non avevo scattato
molto quella sera fino a quando notai che Paul stava diventando piuttosto
scontroso. Presi la macchina fotografica, lentamente il suo nervosismo crebbe
fino a quando esplose.”
*
Pennie riesce a immortalare il
momento in cui Paul sta scaraventando sul palco il suo basso elettrico. Colpito
da un riflettore alle spalle e a gambe divaricate impugna il suo strumento come
un’arma da guerra pronta per essere affondata a terra.
"Era
uno dei suoi bassi preferiti, non era affatto uno di quelli a buon mercato, per
cui doveva essere davvero arrabbiato per qualcosa. Ero molto vicino a lui, con
un obiettivo grandangolare. Era quasi a un metro di distanza e stava venendo
nella mia direzione, quindi dovetti fare anche qualche passo indietro perdendo
la messa a fuoco. Ricordo tutto un po’ a rallentatore e ho anche pensato che ce
l’avesse con me perché mi ero messa dalla sua parte del palco. Più avanti gli ho
chiesto cosa non andava, e mi disse che non era felice del suono."
Paul invece in un’intervista sottolineò
il fatto che il Palladium aveva posti a sedere fissi, per cui il pubblico
rimaneva fermo sul posto e non dava risposta, qualsiasi cosa loro facessero o
suonassero: “Sono generalmente di buon
carattere, trattengo sempre tutto ma come un interruttore della luce posso
passare da off a on improvvisamente e tutto ciò può risultare spaventoso.
Quella notte ero frustrato dal comportamento passivo della folla. Il basso che
ho distrutto era un Fender Precision e costava circa 160£. Era uno dei più
vecchi modelli che avevo e mi è dispiaciuto un sacco romperlo. In realtà ho
raccolto tutti i pezzi e li ho conservati. L'ho prestato alla Rock Hall of Fame
di Cleveland per un po' ma poi l’ho voluto indietro.”
Non appena il gruppo vide gli scatti,
decisero di usare quella foto come copertina del loro album successivo, il
terzo, London Calling. Pennie non era
d’accordo, una volta stampata l’immagine sarebbe risultata sgranata e fuori
fuoco. Ma a Joe Strummer, leader della band, tutto ciò non interessava, voleva
mostrare come il potere del rock riuscisse a possedere un individuo tanto da
portarlo agli estremi. E quella foto era perfetta.
La tipografia di Lowry associata
all’immagine fu’ un passaggio automatico. Volevano omaggiare il primo album di
Elvis Presley: "Quando uscì il disco
di Elvis, il rock&roll divenne piuttosto pericoloso" dice Simonon
"e noi volevamo che anche il nostro
disco fosse roba molto pericolosa."
La foto fece subito scalpore e in
breve tempo si trasformò in un’icona rock.
Nel 2002 la rivista Q le attribuisce il premio come miglior
fotografia rock di tutti i tempi mentre nel gennaio 2010 la copertina
dell'album è una delle dieci immagini scelte dalla Royal Mail per la serie di
francobolli "Classic Album Cover".
I lettori di Rolling Stone hanno posizionato la copertina di London Calling al 5° posto nella top 10 delle
migliori album cover di tutti i tempi.
Pennie rimase con i Clash per 7 anni
coprendo la maggior parte dei loro concerti e della loro carriera. Ha seguito i
concerti di altri musicisti rock realizzando anche diversi ritratti in posa.
Tra i tanti artisti citiamo i Led Zeppelin, The Rolling Stones, The Who, Iggy
Pop, The Clash, The Jam, Siouxsie Sioux, U2, Morrissey, Radiohead, Blur, Oasis
e The Strokes.
“Mi
annoia un po' che la gente mi classifichi come fotografa di concerti rock.
Tutti si ricordano solamente di quella foto a Simonon. Esistono mille altre
foto dei Clash che io preferisco. Oramai quella è stata usata in così tante
forme e così tante volte che per me è diventata come carta da parati”.
Oggi Pennie Smith vive e lavora in un
quartiere a ovest di Londra in una stazione ferroviaria in disuso che ha
trasformato nel suo studio.
lunedì 19 novembre 2012
giovedì 8 novembre 2012
martedì 6 novembre 2012
lunedì 5 novembre 2012
giovedì 25 ottobre 2012
giovedì 19 aprile 2012
martedì 20 marzo 2012
Siamo a New York, esattamente a Times Square, il 14 Agosto 1945.
Si festeggia la vittoria americana contro il Giappone. Tutti sono in strada a sventolare le bandiere a stelle e strisce.
Un fotografo di 47 anni è in strada e sta documentando quello che succede.
Si chiama Alfred Eisenstaedt ed ha origini tedesche.
Nasce nella Prussia occidentale, a Dirschau, l’odierna Tczew polacca, da una famiglia di ebrei. All’età di 8 anni si trasferiscono a Berlino e lì Alfred inizia un corso regolare di studi. Durante la prima guerra mondiale il ragazzo è appena ventenne e viene arruolato nell’artiglieria dell’esercito tedesco rimanendo ferito durante i combattimenti.
Negli anni ’20 lavora come venditore di cinture e bottoni e nel tempo libero inizia a scattare fotografie come freelance per il Berliner Tageblatt.
Decide di intraprendere la carriera di fotografo professionista nel 1929, quando ha già 31 anni. Nel 1933 è in Italia a fotografare un incontro tra Adolf Hitler e Benito Mussolini e lo stesso anno è a Ginevra ad immortalare Joseph Goebbels in una famosa fotografia che mostra la ferocia nascosta del Ministro della Propaganda nazista.
Nel 1935, a causa dell’oppressione tedesca sugli ebrei, Eisenstaedt emigra negli Stati Uniti e trova casa nel quartiere di Queens a New York.
Dal 1936 inizia a lavorare per la rivista Life documentando eventi di cronaca e la vita mondana di celebrità come Sophia Loren, Ernest Hemingway o Marylin Monroe ottenendo oltre 86 copertine della rivista.
Il 14 Agosto 1945 Alfie, così lo chiamano i suoi colleghi del giornale, si trova a Times Square con la sua Leica M3 e un obiettivo di 35mm per documentare i festeggiamenti americani dopo la vittoria sul Giappone.
Cammina tra la folla a sud della 45esima strada dirigendosi verso il punto in cui Broadway e la Seventh Avenue convergono, quando nota un marinaio con un vestito scuro che sta correndo lungo la strada. Il militare si avvicina a tutte le donne che incontra, anziane o giovani, magre o grasse, le afferra e le bacia sulla bocca.
“Correvo davanti a lui con la mia Leica cercando di cogliere il momento giusto per lo scatto ma nessuna delle immagini era venuta come volevo”.
Improvvisamente Alfred nota una bella infermiera in piedi, vestita di bianco in mezzo alla folla. Immagina che il marinaio, nella sua strada, la possa incrociare e così succede.
L’uomo la raggiunge, la stringe a sé e si china per baciarla.
*
“Se l’infermiera fosse stata vestita con un abito scuro non avrei mai scattato. Se il marinaio avesse indossato una divisa bianca, non avrei mai scattato. Ho scattato solamente per il contrasto tra l’abito bianco e l’uniforme nera del marinaio. Dava alla fotografia un impatto in più.”
Alfred scatta quattro volte. Tutto succede in frazioni di secondo.
Una sola è perfetta. Quella dove le persone attorno lasciano un po’ di respiro ai due soggetti centrali.
La foto viene pubblicata una settimana dopo sulla rivista Life.
Le fotografie delle celebrazioni vengono presentate in una sezione di dodici pagine chiamata Victory. Una doppia pagina interna mostra una serie di coppie che si baciano a sinistra mentre a destra, a tutta pagina, la foto di Alfred Eisenstaedt.
Il giornale ha fatto una richiesta esplicita ai fotografi in giro per il Paese: fotografare persone che si baciano. Le fotografie pubblicate sono tutte messe in posa, la foto di Alfred invece è un evento spontaneo verificato a Times Square dopo l’annuncio del Presidente Truman.
Esiste una foto della stessa scena scattata da Victor Jorgensen, un fotogiornalista della marina militare statunitense che viene pubblicata il giorno successivo sul New York Times. L’immagine però non mostra lo sfondo di Times Square e taglia completamente la parte inferiore delle gambe dei due soggetti. Nonostante questo ha un vantaggio: a differenza della fotografia di Eisenstaedt, protetta da copyright, questa immagine è di dominio pubblico poiché è stata realizzata da un marinaio dipendente del governo federale in missione ufficiale.
Eisenstaedt non ebbe l'opportunità di fermare i due ragazzi per chiedere nomi o dettagli quindi per molto tempo le generalità dei due soggetti rimasero sconosciute.
Alla fine del 1970 Edith Shain scrisse a Eisenstaedt affermando di essere la donna nella foto. Quel giorno Shain stava lavorando presso l'ospedale di New York come infermiera quando lei e un amico sentirono alla radio che la guerra era finita. Accorsero a Times Square dove si celebravano i festeggiamenti e, appena arrivata in strada, il marinaio l'afferrò ad un abbraccio e la baciò.
“Mi lasciai baciare perché pensai che quell’uomo aveva combattuto anche per me.”
Nell’agosto 1980, i redattori di Life chiesero che anche il marinaio si facesse avanti.
George Mendonça si presentò e raccontò che quel giorno era in congedo e stava guardando un film con Rita, sua futura moglie al Radio City Music Hall. Improvvisamente le porte si aprirono e la gente cominciò ad urlare che la guerra era finita. George uscì in strada insieme a Rita, vide un’infermiera passeggiare, la abbracciò e la baciò.
"Avevo bevuto un bel paio di drink poco prima.”
In una delle quattro immagini di Eisenstaedt, si intravede Rita, la fidanzata del marinaio, dietro la coppia che si bacia.
Altri uomini si presentarono alla redazione di Life rivendicando di essere il marinaio.
Tra questi Glenn McDuffie e Carl Muscarello. Numerose dichiarazioni, esami, indagini e studi hanno portato a sostenere che anche loro avrebbero potuto essere effettivamente il famoso marinaio.
Alfred Eisenstaedt muore nel sonno nel 1995 lasciandoci in eredità un’icona culturale tanto da essere più volte citata in film, pitture e sculture.
domenica 18 marzo 2012
lunedì 5 marzo 2012
martedì 14 febbraio 2012
lunedì 13 febbraio 2012
Siamo a Roma il 9 Maggio 1978.
È tarda mattinata ed un giovane fotografo di 22 anni si trova sul balcone di un appartamento al terzo piano di via Caetani. La casa non è sua, ha chiesto il permesso al proprietario per poter fotografare la strada sottostante.
Il suo nome è Gianni Giansanti, un ragazzo appassionato di fotografia che entra giovanissimo in una piccola agenzia di Roma, la Masterphoto, come venditore.
Il lavoro in negozio dura poco perché decide presto di lasciarlo. Le foto non le vuole vendere, le vuole realizzare.
La sua carriera di freelance inizia a 21 anni quando si affianca a Osvaldo Restadi, bonario reporter romano che gli insegna i trucchi del mestiere. Osvaldo sprona il giovane apprendista nel decifrare attentamente la realtà e nell’avere sempre occhi e orecchie pronti a catturare ogni informazione.
Gianni abita a Monte Mario. Tutte le mattine prende la moto e raggiunge l’ufficio che divide con il suo maestro. Come al solito alle 8:30 i due leggono i giornali e ascoltano la radio sintonizzata sulle onde corte della polizia. E’ illegale ma ormai per loro è un’abitudine.
Il 16 Marzo 1978 stanno facendo colazione sfogliando i quotidiani quando sentono improvvisamente alla radio la voce trafelata di un agente e le parole confuse “sequestro di persona”, “via Fani”.
Gianni esce immediatamente dallo studio, prende la moto e raggiunge in poco tempo via Fani. Nello stesso momento arriva sul posto la prima ambulanza. Sono le 9:45 e tutto è appena successo: l’onorevole Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, è stato rapito mentre in macchina raggiungeva il Parlamento ed i cinque uomini della scorta sono stati barbaramente uccisi.
La polizia non è ancora arrivata ed i lenzuoli non sono stati ancora stesi sui corpi degli agenti. Quello che Gianni ha di fronte è un’apocalisse. La borsa di Moro è per terra, i quotidiani sono sul sedile posteriore della macchina, l’unico a non essere macchiato di sangue, i finestrini delle due macchine sono a pezzi, quattro ragazzi sono senza vita dentro le macchine mentre uno è steso sull’asfalto.
Tempo dopo, accompagnati dalla polizia, arrivano la moglie del deputato ed un sacerdote. Gianni continua a scattare e quando non ha più rullini corre a svilupparli.
Due mesi dopo, la mattina del 9 Maggio 1978 Gianni è nella sede della Democrazia Cristiana per documentare, insieme ad altri fotografi, un incontro diplomatico.
Alla fine della riunione il giovane reporter rifiuta l’invito a pranzo dei colleghi. Si posiziona all’uscita del palazzo, in piazza del Gesù, e aspetta: in piena crisi per il rapimento di Aldo Moro, vuole scattare qualche primo piano a colori di Fanfani o Andreotti così da venderli a qualche settimanale.
Improvvisamente vede uscire dal portone tre poliziotti in borghese che salgono su una macchina, sgommano e si dirigono a tutta velocità verso Largo Argentina.
Gianni si insospettisce e decide di seguirli. Con la moto raggiunge la macchina in via delle Botteghe Oscure e riesce ad entrare in via Caetani prima che la polizia blocchi l’ingresso. E’ successo qualcosa ma non riesce a capire il motivo di tanto movimento.
Si nasconde in un portone aperto e sale al primo piano. Non esita due volte nel chiedere ad un inquilino di farlo entrare e questo, dopo una prima titubanza, apre la porta al giovane fotografo armato di teleobiettivo.
Gianni si affaccia alla finestra e subito si accorge che a qualche finestra di distanza si sono posizionati il collega Rolando Fava dell’Ansa e Maurizio Piccirilli, operatore di Tele GBR.
La strada comincia a riempirsi di agenti, la confusione ed il brusio aumentano.
Si intuisce subito che l’epicentro del movimento è una Renault 4 rossa. Forse è stato trovato un barbone morto abbandonato.
Un poliziotto si avvicina alla Renault e apre lo sportello laterale. In quell’istante arriva Cossiga, ministro degli Interni, e la folla di agenti si avvicina alla macchina.
Gianni continua a scattare ma non ha ancora capito il motivo di questa agitazione. Dal televisore acceso dell’appartamento in cui si trova si sente questo annuncio: “Ci arriva in questo istante la notizia che il corpo dell'onorevole Aldo Moro è stato ritrovato in via Caetani".
"Dalla strada mi vede un poliziotto che mi punta la pistola e mi ordina di scendere e consegnargli i rulli. Mi ritiro dalla finestra e seguo la scena dal riflesso sul vetro. Con me ho una sola macchina e tre obiettivi, un 35mm, un 50mm e soprattutto un 200mm. Sono l'unico ad averlo. Ma a quel punto a cacciarmi è il padrone di casa, spaventato. Esco e salgo sul tetto del palazzo. Dall'alto vedo l'arrivo degli artificieri. Si teme che i brigatisti abbiano minato la macchina. Mi sporgo, ma è troppo pericoloso. Scendo di corsa e nella confusione assoluta rientro nella casa di prima e il proprietario neanche se ne accorge. Metto il 200mm ed è come essere a pochi centimetri dalla scena. Gli artificieri squarciano il portellone e lo aprono.”
*
Per paura di venire perquisito all’uscita del palazzo, Gianni nasconde il rullino negli slip e ne carica un altro.
“Voglio del colore e a questo punto mi rimane solo la pellicola al tungsteno, bluastra in esterni, ma la metto lo stesso. Torno a inquadrare Moro. Riavvolgo il rullo. Quindi in bianco e nero riprendo l'arrivo dell'ambulanza e il corpo che viene portato via. Ultime immagini e corsa folle al laboratorio.”
Gianni è l'unico, fra i tre fotografi intervenuti sulla scena, ad aver caricato la reflex con una pellicola a colori. Durante la fase di sviluppo e stampa non perde di vista un solo attimo le sue pellicole. Appena ha in mano i risultati corre all’Associated Press per consegnare il bianco e nero e alla sede di Time per consegnare le foto a colori.
“Alla sera tardi, a casa, mi chiama Gamma, allora l'agenzia dei miei sogni. Mi propongono un contratto. In piena notte arriva a prendermi un aereo privato e la mattina alle sette i negativi sono a Parigi. E in quel volo inizia la mia seconda vita.”
La seconda vita a cui allude Gianni è piena di riconoscimenti e successo.
Lo scatto gli vale lo stesso anno una menzione speciale al World Press Photo, nel 1988 vince l'ambito premio per una serie di scatti intimi di Papa Giovanni Paolo II, nel 1991 vince il secondo premio per WPP per una foto al Palio di Siena.
Oltre a seguire come fotografo ufficiale i 27 anni di pontificato di papa Wojtyla, realizza ritratti di grandi personaggi dello sport, racconta la vita quotidiana nella Camera dei Deputati e documenta la realtà in Somalia, India e Tibet.
Nel 2009 Gianni Giansanti muore prematuramente dopo trenta anni di fotografie.
domenica 5 febbraio 2012
domenica 29 gennaio 2012
perchè Manhattan si chiama Manhattan?
nel 1609 l'inglese Henry Hudson ed i suoi uomini entrarono con la loro nave nella baia di New York. Quello che videro era un'isola selvaggia coperta di giganteschi castagni e querce, con paludi salmastre e terreni erbosi, popolato da tacchini selvatici, cervi nordamericani e orsi neri.
Quell'isola era abitata dal popolo Lenape, indigeni che da sempre vivevano quei territori e che chiamavano la loro terra MANNAHATTA ("isola dalle molte colline")
Quell'isola era abitata dal popolo Lenape, indigeni che da sempre vivevano quei territori e che chiamavano la loro terra MANNAHATTA ("isola dalle molte colline")
martedì 24 gennaio 2012
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