mercoledì 31 agosto 2011

sabato 27 agosto 2011

 

Siamo ad Anzano del Parco, un piccolo comune in provincia di Como. E’ l’Agosto del 1975 ed un giovane fotografo di 29 anni sta scattando qualche foto in un bosco nei dintorni del paese. Si chiama Cesare Montalbetti ma da tutti conosciuto come Caesar Monti. 

 Cesare nasce a Milano nel 1946. Ultimo di tre fratelli vive con la famiglia in una casa modesta in via Stendhal, in piena periferia milanese. Trascorre la giovinezza in una Milano appena uscita dalla guerra tra tuffi nell’Olona, avventure nelle cascine poco lontane e sospiri nel guardare le giovani mondine lavorare nei campi di riso. Il padre è un mutilato di guerra e per questo, fin da piccolo, Cesare si guadagna da vivere facendo il fattorino in un ufficio del centro. Dopo il lavoro frequenta le scuole serali ma a casa fa fatica a studiare: suo fratello Pietro ha appena fatto amicizia con Lucio, un ragazzo che si è da poco trasferito con la famiglia nel confinante quartiere del Giambellino ed i due non fanno altro che suonare, sentire dischi e parlare di musica mentre Cesare cerca di concentrarsi. Dopo un primo momento di antipatia, Cesare incomincia lentamente a fare amicizia con questo ragazzo di soli tre anni più vecchio di lui e si scoprono molto simili. 

Nel 1969 Cesare viene chiamato a svolgere il servizio militare a Viterbo. Ha la fortuna di lavorare in un ufficio dalle 8 alle 12 con il compito di curare la rivista dell’aereonautica, dopodiché è libero. Durante una licenza a Milano, per 25.000 Lire si compra una macchina fotografica e nel tempo libero comincia ad andare in giro per far pratica. Finito il servizio militare, dove aveva scoperto la passione della sua vita, se ne va per sei mesi a Londra e lì mette a frutto il suo talento: lavora prima come assistente di Romano Cagnoni, uno dei fotografi della prestigiosa Agenzia Magnum, poi di Harry Peccinotti per la rivista “Tween”, e diventa successivamente assistente di un collaboratore dei Beatles e della etichetta discografica Apple, Clay Ragazzini, grazie al quale viene introdotto nel mondo delle copertine dei dischi. Nel 1971 torna in Italia. Suo fratello Pietro è ormai diventato il chitarrista di un gruppo famoso chiamato Dik Dik mentre il suo amico Lucio sta uscendo con il suo quarto disco ed è da tutti ormai noto come Lucio Battisti

A Milano, in piazza San Babila, Renato Artusi ha uno studio dentistico e molti personaggi dello spettacolo, tra cui Battisti e Tony Renis, vanno a farsi curare da lui (gratis). Anche Cesare frequenta lo studio, che nel frattempo si è ormai trasformato in un punto d’incontro tra amici, e spesso chiede in prestito a Renato la sua Hasselblad. Il dentista la usa raramente mentre il giovane fotografo ha la possibilità di fare esperienza sul medio formato ed usufruire della camera oscura improvvisata nello studio. Incomincia così anche a sviluppare e stampare. Era diventato un maestro del bianco e nero, grazie alla breve pratica fatta a Londra con David Bailey (il celebre marito di Catherine Deneuve, ispiratore del film Blow Up) che gli aveva insegnato a stampare con una tecnica d’avanguardia. La sua prima commissione gli viene data dalla Ricordi per il disco dei Dik Dik, nei quai figura il fratello Pietro, “Suite per una donna assolutamente relativa”. Quando gli telefonano dalla Ricordi per chiedergli come volesse firmare la sua prima opera, Cesare è in compagnia di Lucio. In dubbio se usare il suo vero cognome, stanco di interpretare il ruolo di fratello minore, si rivolge a Lucio per chiedergli consiglio. Battisti risponde: “Chiamati Cesare Monti. Anzi, mejo Caesar Monti”. Così nascono il suo nome d’arte e la sua nuova professione. 

Inizia la sua attività nel mondo discografico quale concept-creative fotografo curando diversi progetti per la Ricordi, la Numero Uno, la Cramps, la Trident, la Produttori Associati, la Polygram, l'RCA Italiana, la CBS, l'EMI Italiana, l'Ascolto, l'Ultima Spiaggia, la Sony e la WEA. Tra gli artisti le per i quali studia e realizza le copertine, assieme alla sua compagna nella vita e nel lavoro Wanda Spinello, ci sono Lucio Battisti, l'Equipe 84, la Premiata Forneria Marconi, il Banco del Mutuo Soccorso, la Formula 3, Ivano Fossati, Oscar Prudente, Adriano Pappalardo, Bruno Lauzi, i Dik Dik, Edoardo Bennato, Enzo Jannacci, Pino Daniele, Mia Martini, Eugenio Finardi, Angelo Branduardi, Fabrizio De Andrè e molti altri. 

Nel 1975 Lucio sta lavorando nel suo studio di registrazione di Anzano del Parco. E’ il suo decimo album ma si trova in un momento particolare della sua carriera, in lotta con la stampa e con il pubblico, e decide di non farsi più fotografare se non dal fotografo della Numero Uno Cesare Montalbetti e quasi esclusivamente per le copertine dei dischi. E’ evidentemente un set quello che si è ricreato in un bosco della Brianza, proprio di fianco allo studio di registrazione, ed il soggetto è proprio Lucio Battisti che si muove nervoso indossando camicia e pantaloni bianchi sopra una muta da sub. Intorno a lui sono state riempite delle pozzanghere allagando il terreno. Lucio deve correre attraverso l’acqua in modo tale che i suoi passi creino schizzi da una parte e dall’altra del suo passaggio. Questa è l’idea di Cesare che vuole fotografare Lucio proprio mentre compie questa operazione. L’effetto dell’acqua sollevata dalla corsa però non sembra sufficiente e una decina di solerti collaboratori vengono incaricati di un fitto lancio di sassi nelle pozzanghere. Deve ripetere la corsa un centinaio di volte, scivolando e cadendo. Una caduta in particolare è molto pericolosa perché rischia di battere la testa contro un masso. Ma rialzandosi in piedi Lucio Battisti dice: “Aoh! C’ho er fisico!”. Una delle innumerevoli foto scattate risulta perfetta. 

*

I tre giorni seguenti Lucio rimane a letto completamente distrutto. Qualche mese dopo il disco esce nei negozi. Si intitola “Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera” ed ottiene un enorme successo di pubblico. Tra le sue canzoni si ricorda Ancora Tu, il singolo più venduto di quell’anno. 

domenica 21 agosto 2011



Siamo a New York ed è il 29 Settembre del 1932.
L’ RCA Building del Rockefeller Center sta per essere completato ed i lavori sono ormai arrivati al 69° piano.
Un fotografo di 27 anni ha raggiunto il cantiere all’ultimo piano e sta fotografando gli operai ad un’altezza di 260 metri.

Il ragazzo si chiama Charles Clyde Ebbets ed è nato a Gadsden, in Alabama.
La passione per la fotografia nasce già ad otto anni quando si compra la sua prima macchina in un negozietto locale addebitando tutto sul conto della madre.
All’età di quindici anni trova lavoro come fotografo di scena a St. Petersburg, in Florida, dove si stanno realizzando i primi lavori del cinema americano. Frequentando questo mondo, e diventato oramai maggiorenne, viene incaricato anche per interpretare ruoli d’azione vestendo i panni di un avventuroso cacciatore africano in diversi film.
Oltre al suo impegno fotografico, per tutti gli anni '20 si alterna in molti altri lavori avventurosi come il pilota di auto da corsa, il lottatore di wrestling e il cacciatore.
Negli anni ‘30 Charles è già un noto fotografo ed i quotidiani più importanti di tutto il paese, compreso il New York Times, pubblicano le sue immagini.
Nel 1932 Ebbets viene nominato direttore fotografico per il Rockefeller Center. Il suo compito è quello di seguire tutte le fasi della costruzione, fotografare gli stati di avanzamento ed i lavori del grattacielo che lentamente si concretizza nei cieli di New York.

A fine Settembre i lavori sono quasi conclusi. Il palazzo è arrivato al penultimo piano e Charles non vuole perdere l’occasione per fotografare la città dal punto più alto.
E’ ora di pranzo il 29 Settembre del 1932 e gli operai prendono una pausa dai lavori per mangiare il pasto portato da casa.
Ebbets è lì con loro e scatta un paio di foto ad undici uomini che lavorano al cantiere. Sono seduti su una trave di acciaio e mangiano con i piedi penzolanti. Sullo sfondo il Central Park.

*

Alcuni fumano, altri aprono i contenitori per il cibo, altri ancora bevono.
Sono tutti piuttosto allegri e probabilmente consapevoli di essere sotto gli occhi attenti di un fotografo.
Dopo il pranzo, gli stessi uomini si sdraiano in equilibrio sulla trave e si riposano. I corpi si incastrano per assicurarsi tra loro e non cadere.
Ebbets è sempre presente e, dalla stessa posizione, scatta una seconda fotografia.
L’immagine del pranzo sopra il Rockfeller Center appare nel supplemento fotografico domenicale del New York Herald Tribune il 2 ottobre 1932.

Fino all’Ottobre del 2003 l'Archivio Bettman, proprietario del copyright, non riconosce a Charles Ebbets la paternità dell’immagine. Addirittura viene spesso erroneamente attribuita a Lewis Hine, il quale, un anno prima, aveva seguito e documentato la costruzione dell'Empire State Building.
L’esatta associazione foto-autore avviene solamente quando Corbis (che nel frattempo ha rilevato l’Archivio Bettman) invita chiunque avesse fatto una foto dell’archivio o era raffigurato nella collezione, a contattare la società.
La moglie e la figlia di Ebbets si presentano alla Corbis per portare le prove della paternità della foto. Mostrano centinaia di negativi scattati durante i lavori del grattacielo, foto e ritagli di giornali, documenti di assicurazione contro incidenti avvenuti in cantiere ed una foto che ritrae lo stesso Ebbets accovacciato mentre realizza il famoso scatto.

Negli anni ci si è sempre domandato chi fossero gli uomini catturati dall’obiettivo di Ebbets. Si è sempre creduto fossero italiani ma negli ultimi anni i discendenti o i parenti degli operai hanno fornito la loro vera identità.
Il quarto uomo da destra è stato identificato da un nipote di Francis Michael Rafferty e alla sua destra è seduto il suo migliore amico Stretch Donahue.
Gli uomini di estrema sinistra e di estrema destra sono Matty O'Shaughnessy e Patrick Glynn, entrambi provenienti dalla Contea di Galway, in Irlanda.
Il terzo da sinistra è Austin Lawton di King’s Cove nel Newfoundland in Canada ed anche il quinto uomo da sinistra, Claude Stagg, proviene da Catalina nel Terranova in Canada.
Gran parte di loro sono quindi uomini emigrati negli Stati Uniti per una vita migliore.

Charles Ebbets continua la sua attività di fotografo spostandosi in Florida dove decide di vivere e lavorare per il resto della sua vita. Con le sue immagini favorisce lo sviluppo del turismo nella penisola e, grazie ad i suoi lavori sulle vaste distese naturali delle Everglades, instaura un forte legame con gli indiani Seminole tanto da poter documentare per la prima volta la loro vita, i loro villaggi e le loro tradizioni.
Per diciassette anni è capo fotografo della città di Miami ed è testimone della crescita della sua città.
Nel 1978 Ebbets muore di cancro a 72 anni con più di 300 immagini pubblicate a livello nazionale.
La foto del pranzo sul grattacielo è considerata una vera icona americana da più di 70 anni.


domenica 14 agosto 2011



Siamo a Princeton nel New Jersey, esattamente tra New York e Philadelphia.
E’ il 14 Marzo del 1951 all’uscita dell’università ed un fotografo della United Press International è in mezzo alla folla cercando di fotografare una macchina scura che esce dal cancello di ingresso.

Il fotografo si chiama Arthur Sasse e non è l’unico reporter quel giorno.
La stampa si è radunata all’università della città perché un celebre personaggio proprio quel giorno compie 72 anni. Si chiama Albert Einstein ed esattamente trent’anni prima ha ricevuto il premio Nobel per la fisica.

Einstein vive da sedici anni a Princeton e da undici è diventato ormai cittadino americano. E’ direttore della scuola di matematica all’Institude for Advanced Study.
Il giorno del suo compleanno Einstein è stanco. Dopo un’intera giornata trascorsa a sorridere ai fotografi non vede l’ora di tornare nella sua villa poco distante dal campus.
Viene accompagnato in macchina dal dottor Frank Aydelotte, capo del Institute for Advanced Study, e dalla signora Aydelotte, i quali lo aiutano a farsi spazio tra i giornalisti ed i curiosi ed infine si siedono di fianco a lui in macchina.
Arthur ha già scattato qualche foto al famoso fisico ma sa di poter fare di meglio; raggiunge la macchina e con sfacciataggine chiede: “Professore, sorrida per la foto del suo compleanno!"
Einstein lo accontenta ma come estremo gesto, prima di lasciare la folla, mostra al fotografo la lingua pensando probabilmente che non fosse abbastanza veloce.
Arthur Sasse, invece, è un lampo.

*

La foto originale mostra tutte e tre le persone in auto.
Il giorno seguente Einstein chiede nove copie della foto e ne spedisce una al giornalista Howard Smith con un messaggio in cui invita i mezzi di informazione ad essere indipendenti.
Ad Einstein la foto piace molto e la taglia in modo che si veda solamente la sua faccia.
Decide quindi di usarla come biglietto di auguri da inviare agli amici.

Col tempo la fotografia diventa una delle più popolari di Einstein e spesso viene utilizzata su poster, sticker e merchandising.
Il 19 giugno 2009, la fotografia originale viene venduta all'asta per 74.324 $.



martedì 2 agosto 2011

CASTEL DI IERI

perchè un paese in provincia di L'Aquila si chiama Castel di Ieri?




Siamo a Londra, è l’8 Agosto del 1969 ed è una di quelle rare giornate di sole a cui la capitale inglese non è abituata.
E’ circa mezzogiorno ed un fotografo di 31 anni si trova sopra una scala montata in mezzo ad una strada piuttosto trafficata a nord ovest della città.

Si chiama Iain Stewart Macmillan e viene dalla Scozia.
Frequenta la High School di Dundee e si diploma nel 1954.
Inizia a lavorare nel campo del Management presso la Jute Industries ma questa carriera convenzionale non fa per lui.
Nel 1958, a vent’anni, si trasferisce a Londra per studiare fotografia presso il Regent Street Polytechnic ed un anno dopo torna a Dundee per fotografare scene di strada.
Si laurea nel 1960 e come primo lavoro decide di imbarcarsi su navi da crociera per fare un po’ di esperienza. I primi lavori commissionati gli vengono dati poco dopo da riviste come The Sunday Times e Illustrated London News.

A metà degli anni ’60 Iain si specializza in fotografie per cataloghi d’arte e, dopo un paio di libri pubblicati, nel 1966 gli vengono affidate le fotografie per il catalogo “The Book of London”. In questa esposizione si fa conoscere un’eccentrica artista giapponese di Avant Garde. Si chiama Yoko Ono ed espone opere curiose come ad esempio una mela appesa con un cartello in cui c’è scritto “Mela”.
Il 9 Novembre 1966, all’inaugurazione della mostra presso la Indica Gallery, a Yoko Ono viene presentato John Lennon e quella stessa sera Yoko presenta Iain al leader dei Beatles.
Tre anni dopo John Lennon si ricorda di quel fotografo e lo contatta per proporgli la copertina del nuovo album dei Beatles.
I Beatles registravano la maggior parte della loro musica presso gli studi EMI in Abbey Road a Londra e quel disco decidono di intitolarlo come la strada.

I Beatles hanno già un’idea su come realizzare la copertina ed un paio di giorni prima dello shooting, a Iain viene dato uno schizzo di Paul McCartney per fargli capire ciò che avevano in testa.
Il giorno stabilito per le foto è l'8 agosto del 1969.
Solitamente i Beatles arrivano in studio dopo pranzo ma quel giorno, per evitare di incontrare i fans, vengono fatti arrivare verso le 11:00.
Un poliziotto viene assunto per controllare il traffico mentre i quattro musicisti devono solamente attraversare Abbey Road sulle strisce pedonali.
Sono le 11:30 e Iain è in bilico con la sua Hasselblad su una scaletta alta circa 2 metri nel mezzo di Abbey Road.
Mentre i Beatles attraversano avanti e indietro la carreggiata, Iain scatta sei fotografie.
Il quinto scatto è quello perfetto.

*

I quattro ragazzi hanno lo stesso passo con la falcata aperta e sono equidistanti tra loro.
Si intravedono tre uomini in fondo sulla sinistra e sono Alan Flanagan, Steve Millwood e Derek Seagrove, arredatori di ritorno dalla pausa pranzo. Sul lato destro invece, sotto l’ombra di un albero si trova Paul Cole, un turista americano.
Subito dopo il sesto scatto Iain va alla ricerca di un cartello stradale da fotografare per il retro della copertina. La foto viene scattata all’angolo tra Abbey Road e Alexandra Road e durante una delle esposizioni una ragazza con un vestito blu passa davanti alla scena. Iain si arrabbia molto ma più tardi viene scelto proprio questo scatto come cover posteriore.
Credo che il successo della foto sia la sua semplicità. Inoltre le persone possono relazionarsi con il luogo, è un posto reale dove ancora si può andare a camminare.

Ed è proprio così.
Quella di Abbey Road è una delle copertine più celebri e citate della storia della musica pop ed il passaggio pedonale è oggi una vera e propria attrazione turistica, con decine di visitatori che ogni giorno si mettono in posa per una foto ricordo.
La targa stradale Abbey Road inoltre è la più rubata del Regno Unito.

Iain Macmillan lavora ancora con John Lennon fino al 1971 realizzando le copertine per “Live Peace in Toronto”, “Some Time in New York City”, “Happy Xmas (War is Over)” mentre nel 1993 fotografa di nuovo Paul McCartney, accompagnato dal suo cane, sulle strisce pedonali di Abbey Road per la copertina di “Paul is Live”.
L'8 maggio 2006 all'età di 67 anni, Iain muore di cancro ai polmoni lasciando nell’immaginario della musica pop una delle icone più memorabili.



lunedì 1 agosto 2011